Guidare una scatola di tonno

Emergere dall'anonimato di Andrea Fiorello Categoria : News
Guidare una scatola di tonno

Guidare una scatola di tonno. Una riflessione e un pizzico di polemica sulle automobili grigio metallizzato.

Sarò franco, non mi piacciono per nulla le auto color grigio metallizzato. Sono banali, fredde, scontate, prive di personalità. In una parola: grigie, appunto. Sembra che i proprietari di questi tristi soprammobili metallici all’atto dell’acquisto si siano dimenticati di avere dei gusti, un colore preferito, un senso estetico. Di avere fantasia insomma. Facciamola semplice: avete mai conosciuto una persona che abbia detto “Sai, il mio colore preferito è il grigio topo”? Io no. Non credo esista una persona del genere. E se esiste, non la voglio conoscere. Non riescono neppure a convincermi le solite, banali motivazioni pro-grigio quali “Ma è più facile da rivendere” oppure “Ma si vede meno lo sporco” o ancora “Ma questo colore non è come gli altri, che alla lunga stufano”. Non è vero, un’auto grigia stufa ancora prima di averla comprata. Non mi si fraintenda, non muoio dalla voglia di vedere station wagon tedesche color salmone circolare per le strade o peggio mastodontici SUV che sembrano melanzane giganti. Ma che diamine, una giusta via di mezzo!

Bisogna ammettere che parte della colpa è anche imputabile alle case automobilistiche. Prendete una brochure qualsiasi di una vettura di gamma media (specie se teutonica) e noterete che le opzioni cromatiche mediamente sono: nero, bianco, blu scuro, blu chiaro e almeno mezza dozzina di differenti tonalità di grigio. Punto, fine. Ma un verde bottiglia, un bordeaux, un viola scuro, un Terra Bruciata di Siena, un Testa di Moro, un blu lapislazzuli no? Ma perché le persone vestono di colori sgargianti, di piacevoli tinte pastello, di intensi blu, rossi, viola, marrone, arancione e poi puntualmente sono costrette ad acquistare un’automobile grigia?

L’elegante understatement del grigio può essere ancora tollerabile in vetture aziendali, di rappresentanza, in massicce ammiraglie cui mal si abbinerebbe un rosa confetto, ma come la mettiamo con le utilitarie e le sportive? Provate ad immaginare quanto sarebbe piacevole passeggiare per le vie di una città gremita di citycar color ciliegia, mela verde, azzurro, arancio, rosa pesca, giallo limone che si muovono in ogni direzione come acquerelli impazziti su di una tavolozza. Credo che il senso di questa riflessione stia tutto nell’immagine che accompagna il pezzo: uno sfondo di anonime, noiose, depressive, odiose automobili tutte grigie e nere da cui emerge, come un gioiello raro, una magnifica Lotus Exige 260 Cup color Krypton Green. Stupenda. Un pugno in un occhio all’omologazione, alla banalità, all’insulsa razionalità che spinge le persone a chiudersi dentro a insipidi cubi color metallo, a scatole di tonno informi, senza sogni.

È possibile dare un tocco di colore al mondo che vi circonda senza per forza dover spendere la non indifferente cifra che costa un giocattolo da pista come la Exige. Semplicemente, la prossima volta che dovrete acquistare un’auto, andate là fuori e sfogate la vostra fantasia. Dite a tutti che voi siete passionali come un rosso intenso, malinconici come un viola scuro, solari come un giallo limone, dolci come un rosa tenue. E non freddi, distanti, scostanti e banali. Non siete grigi. Fatelo per me, fatelo per la vostra città, fatelo soprattutto per voi stessi.

Un ringraziamento speciale all’autore della fotografia che accompagna il presente articolo, Diego Fornero